Io

Ho rispolverato questo spazio perché ho l’esigenza di avere un posto dove essere io e basta.
Non più l’infertile di successo, non più quella che – su fb, ad esempio – deve dare mostra di essere in equilibrio.
Io e basta.
Io come il mare, placido in superficie ma attraversato dalle correnti.
Sotto, dentro.

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Domande

E se non ti chiedessi più se tu sei abbastanza per gli altri, ma se loro sono abbastanza per te? (cit.)

Domanda che presuppone un epocale cambio di prospettiva. Ma la risposta la conosci già. Perché se arrivi a farti questa specifica domanda vuol dire che hai dentro un qualcosa che lavora, da tempo. Più o meno in silenzio. Notte e giorno. A volte te la metti a posto, perchéti sembra di esagerare, di prentedere troppo…. A volte ci metti una pezza, dai un punto alla trama lisa, provi a ritessere l’ordito…. tieni insieme, contieni. Ti neghi, a volte ti va anche bene perché farsi troppe domande vuol dire doversi dare delle risposte, e c’è un tempo per ogni domanda. A volte hai la risposta giusta in mano, l’azione giusta, la strada giusta, sei oltre l’orlo del bicchiere, quasi in salvo…. e basta un nulla per scivolare indietro.. A volte ripieghi perfino l’evidenza più smaccata. Poi, a furia di schiacciare, schiacciare e schiacciare e fartela andare bene anche quando non va più bene, esplodi…..

In ogni ambito, in ogni strato. Perché é come se, all’origine, alla radice, da qualche parte in un punto remoto della tua esistenza ti fosse stato negato il sacrosanto diritto di dire “non mi sta bene!”…. perché sei una brava bimba giudiziosa, educata a non smaronare troppo.

E quindi… in superficie resti la “brava bambina”….dentro l’inquietudine ti mangia. E ti senti sempre fuori posto… e per quanto tu possa cercare di conformarti, di confonderti, di uniformarti… avrai sempre la fastidiosa sensazione di essere fuori dalla riga. E possibilmente, sempre dalla parte sbagliata. O più difficile (senza cadere nella commiserazione, sia chiaro). sempre un pò… stonata.

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Time after time

Si parte.

Prenotato il primo pernottamento: a Moneglia.

Oltre ad essere una bellissima stazione balneare ligure é un “luogo arancio”.

Se non dormiremo in spiaggia é solo merito di MD, dolcissima.

Ora che ho messo una croce sull’avvio di questa avventura mi sento più serena.

Per il resto.

Sono allo stremo e l’aria vacanziera che spira da queste parti non mi aiuta. Ho ancora diverse cose da fare ma il tempo fugge e io non riesco a trovare il bandolo della mia concentrazione.

Sarà quel che sarà: del resto, non sono un cardiochirurgo.

 

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Ho appeso le zeppe al chiodo

L’ecografia tibiotarsica lascia poco spazio all’immaginazione.

I due legamenti stirati ora sono lassi, morbidi e quindi il rischio di una recidiva aumenta in maniera esponenziale.

Doc ha consigliato la cavigliera, se penso di camminare a lungo su sentieri scoscesi.

Scarpe piane? ho chiesto io, specificando che non intendevo affrontare una ferrata con tacco dieci.

Credo che Doc si sia gestito l’impulso di ridermi in faccia.

La risposta é stata “Sì, certo”.

Addio alle zeppe, allora.

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